A cosa serve il servizio di consulenza che un esperto del settore può offrire alla tua famiglia?
Qual è la prima sensazione che provi quando ti imbatti in situazioni di malattia, vecchiaia, disabilità o morte?
Alcuni accadimenti nelle nostre vite sono come una sorta di ON/OFF.
Fino all’attimo prima tutto andava bene e poi, all’improvviso e senza preavviso, tutto cambia. E noi esseri umani siamo famosi per la nostra capacità di adattamento e di accettazione del cambiamento… è vero?!
Tant’è che qualcuno postulò… “Non è il cambiamento a fare soffrire l’essere umano bensì la resistenza al cambiamento!”.
Il mio lavoro come consulente assistenziale
Quando qualcuno o qualcosa arriva a stravolgere la nostra esistenza, secondo noi in peggio, una sfilza di fenomeni si abbatte su di noi e la reazione a quel cambiamento determina come vivremo la nostra vita in relazione ad esso.
Da 11 anni collaboro con le famiglie per facilitare momenti catartici della vita di ogni essere umano, come la malattia, la vecchiaia, la disabilità, la morte. I passaggi da affrontare sono molti e di complessità variabile.
Le famiglie spesso si trovano a dover gestire aspetti sanitari e burocratici che le distolgono dal piano sul quale dovrebbero restare e cioè un piano personale, affettivo ed emotivo, proprio e della persona cara che sta vivendo un passaggio importante della propria esistenza terrena. Gli aspetti burocratici sono sempre più complessi e richiedono un dispendio di tempo importante e conoscenze che spesso sono facilmente accessibili soltanto agli addetti ai lavori e, a volte, neanche a loro.
La parte organizzativa assorbe la maggior parte dell’attenzione delle persone coinvolte, in special modo in presenza di situazioni sanitarie particolarmente complesse e compromesse. A questi piani, burocratico ed organizzativo, si sommano aspetti economici, vissuti familiari, che spesso portano con sé irrisolti dolorosi, e poi emozioni, sentimenti e fatiche personali. Alla situazione familiare, inoltre, si sommano le proprie difficoltà personali, aggravando in modo importante il carico.
Ne emerge un calderone che spesso si trasforma in una polveriera pronta ad esplodere. Ci si incaglia in questa o quella difficoltà, perdendo facilmente di vista il quadro generale e soprattutto il vero senso delle cose e ciò che è davvero importante.
Nella maggior parte dei casi, le persone fanno esperienza di smarrimento, di abbandono, di solitudine, di dolore, di fatica, di disorientamento. Sono tutti troppo occupati per fermarsi a prendersi cura davvero di qualcun altro. Le figure e le istituzioni da cui ci si aspetta aiuto sono assenti. Ci si sente impotenti e senza via di uscita. Quotidianamente osservo situazioni simili a quelle appena descritte che, purtroppo, sono molto diffuse.
Ogni giorno mi trovo a facilitare il cambiamento, conscia che basti una parola buona, un gesto di conforto, una mano tesa, per migliorare drasticamente la situazione di qualcuno. Quando le persone si rivolgono a me lo fanno con la certezza di trovare competenza e professionalità.
Il mio compito come consulente consiste nell’individuare la soluzione giusta per ciascun individuo e ciascuna famiglia.
Il mio intento più profondo è poter contribuire a far sì che le persone possano occuparsi dei propri cari nel modo più sereno possibile, gestendo la parte personale ed affettiva e, per quanto possibile, dimenticandosi della burocrazia e dei fastidi collegati all’organizzazione pratica della quotidianità.
Il mio intervento consiste nel mettere ordine all’interno delle priorità, nell’individuare ed accogliere i bisogni di tutte le persone in gioco, nel fornire la migliore consulenza per la realizzazione della migliore consulenza possibile a tutti i livelli.
La bellezza del mio lavoro ha molte facce perché le famiglie, le persone ed i loro bisogni sono variegati ed eterogenei. La signora Lucia che ha la demenza ed il signor Roberto che soffre di insufficienza epatica riceveranno consulenze molto differenti tra loro. La famiglia di Lucia è disgregata e in conflitto mentre quella di Roberto in armonia e coesa. Le loro situazioni economiche sono molto differenti. Hanno età diverse.
Ogni singolo paziente che incontro è un universo a se stante ed è differente da chiunque altro. Ogni persona è diversa dalle altre per cultura, età, vissuto, situazione familiare, condizione economica, carattere, hobbies,…… e potrei andare avanti all’infinito. Non esistono due persone uguali in tutto l’universo! Già questo basterebbe a rendere il mio lavoro particolarmente entusiasmante!
Esercitare i miei talenti, per me, significa portare il miglior valore possibile in ogni incontro!
In cosa consiste il lavoro di una consulente socio sanitaria ed assistenziale
Un consulente, secondo me, deve innanzitutto sollevare le famiglie da tutti gli elementi e da tutte le incombenze che le distraggono dal dedicarsi con amore e serenità al proprio caro in difficoltà. Sono da sempre convinta che la vecchiaia e la morte siano passaggi fondamentali nel ciclo della vita di ogni individuo e che sia davvero importante che possano essere trascorse nelle migliori condizioni possibili.
Approcciarsi strategicamente con questa visione vuol dire evitare di avere un’idea fissa di cosa fare e di ciò di cui paziente e famiglie hanno bisogno. Analizzare il quadro complessivo della situazione, con l’intento di armonizzarla e di creare un dipinto su misura, con i colori che hai a disposizione in quello specifico caso ed in quel momento, condurrà a costruire una narrazione unica in cui ogni atto è al posto giusto.
Cosa fa una consulente assistenziale
Le consulenze toccano molti punti.
La sfera sanitaria è fondamentale per iniziare a delineare il quadro del paziente ed i suoi bisogni, che sono ciò che guiderà il consulente nel predisporre gli interventi necessari. Così come ad ogni paziente affetto da demenza andrebbe offerta di routine la stimolazione cognitiva perché ritarda il peggioramento dei sintomi (cit. World Alzheimer’s report, 2011) allo stesso modo ad ogni persona anziana, non autosufficiente, disabile e/o malata andrebbe offerta di routine una consulenza assistenziale specialistica fatta da un esperto della materia.
E’ impressionante, infatti, quanto spesso i bisogni (link ad articolo ancora da fare) di queste persone siano trascurati, male o per nulla individuati e insoddisfatti. Ne è una delle dimostrazioni l’elevato tasso di cadute delle persone in corso di fragilità, cadute per lo più evitabili con semplici accorgimenti ed una educazione alla prevenzione (link ad articolo su prevenzione ancora da fare), che purtroppo portano spesso alla morte o alla disabilità o alla non autosufficienza.
La sfera medico legale viene analizzata per verificare che tutti i diritti del paziente e della sua famiglia siano già stati esercitati oppure no. In quest’ultimo caso si informano i familiari di ciò che ancora si può fare ed eventualmente si procede, sollevando il paziente dalle incombenze burocratiche ed interfacciandosi direttamente con gli enti e gli uffici preposti.
E’ fondamentale osservare e prendere in considerazione la composizione familiare ed il tessuto sociale del paziente. Fa una grande differenza, infatti, se la persona di cui ci stiamo prendendo cura è vedova oppure no, ha dei figli che si occupano di lei oppure no, vive in un contesto familiare armonico oppure litigioso, se ha ancora una rete sociale a cui poter fare riferimento e che allieta le sue giornate oppure no. Di conseguenza cambieranno gli interventi che verranno predisposti ed agiti.
Tutto questo andrà filtrato dalla lente del vissuto personale del paziente e delle persone con cui il consulente si troverà a relazionarsi, ricordando sempre che l’unica certezza esistente è la percezione soggettiva di ciascuna persona. La realtà intesa come unica verità è inesistente e, aggiungo io, totalmente irrilevante. L’unica cosa rilevante è come le persone percepiscono ciò che vivono e ciò che accade loro o su cui stanno focalizzando la loro attenzione.
Per questo il consulente assistenziale è anche un esperto di comunicazione. Puoi relazionarti ad una persona e prendertene cura solo se entri in risonanza con lei e la comunicazione si fa ancora più delicata, più cauta, più leggera, e diventa più ascolto che parola, quando la persona che hai di fronte è pure in difficoltà, per ragioni di salute che possono anche essere molto gravi, o se si trova in fin di vita.
Quali sono le cose che un consulente è bene che eviti assolutamente?
- Avere idee preconcette e/o pregiudizi, giungere a conclusioni proprie, pensare di avere già capito tutto, giudicare. Una delle caratteristica del mio lavoro è la rapidità con la quale le cose mutano. Questo fa si che gli operatori del settore necessitino di grande pazienza e senso di accoglienza. Si tratta di un fantastico esercizio a quella mutevolezza propria della vita stessa di cui ho parlato in apertura di questo scritto.
- Rinunciare ad un ruolo educativo. Tengo particolarmente a questo aspetto. Se tutti noi facessimo il nostro lavoro con la più elevata espressione di coscienza di cui siamo capaci nel momento, potremmo essere potenti agenti di cambiamento nel mondo. Prenderci la briga, ogni singola volta, di fare la differenza per quel singolo paziente, per quella famiglia, per quel figlio/a. Assumerci la responsabilità di dire ciò che va detto, evitare qualsiasi omissione, di parola o di azione. Fuggire qualsiasi valutazione di comodo. Assumere un ruolo educativo vuol dire parlare di prevenzione, fare emergere eventuali percepiti che sono da portare alla luce per poter condurre alla pace reale e profonda di una persona che spesso è nell’ultimo tratto di vita.
Essere una consulente richiede di essere laddove qualcuno o qualcosa ha necessità del tuo sapere, delle tue abilità e delle tue competenze. Sei al servizio, ovunque esso sia richiesto. Ciò di cui sono certa è che l’incontro con un consulente assistenziale possa fare la differenza per le famiglie che hanno la fortuna di conoscerne uno.